Prevenzione della corruzione

In questa sezione sono pubblicati i dati, le informazioni e i documenti previsti dalla normativa in materia di prevenzione della corruzione, a partire dalla legge 6 Novembre 2012, n. 190 "Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella Pubblica Amministrazione", cui si è data attuazione, nell'ordinamento statale, con il D.Lgs. n. 245/2013 (Incandidabilità), il D.Lgs. n. 33/2013 (Trasparenza), il D.Lgs. 39/2013 (Incompatibilità degli incarichi), il D.P.R. 62/2013 (Codice di comportamento dei pubblici dipendenti) e il D.P.C.M. 18 Aprile 2013 (White list).

L'art. 5 della citata legge 190/2012 impone alla Pubbliche amministrazioni l'adozione e la pubblicazione di un piano triennale che delinei la strategia di prevenzione della corruzione dell'Ente, individui le attività a rischio e indichi gli interventi volti a prevenire il rischio e a monitorare l'attuazione delle misure adottate.

Il ruolo di responsabile della Prevenzione della corruzione è stato affidato dalla Regione Puglia al segretario generale della Presidenza, Roberto Venneri.

Il Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione della Regione Puglia, adottato dalla Giunta regionale con deliberazione n. 66 del 4 febbraio 2014, costituisce, ad un tempo, un contenitore di norme e istituti ed uno strumento di raccordo e di sintesi di discipline di diversa matrice.

Sotto il primo profilo, il PTPC si pone in rapporto di complementarità con il Piano Triennale della Trasparenza e della Integrità (PTTI), altro fondamentale strumento delle politiche di contrasto alla maladministration (Predisposto dal Responsabile per la Trasparenza) e recepisce il Codice di Comportamento dei Dipendenti regionali; ad essi si aggiunge la disciplina degli incarichi extraistituzionali già dettata dalla DGR 274/2013. Inoltre, il Piano disciplina il monitoraggio della durata dei procedimenti e del rispetto delle norme vigenti in materia di incompatibilità e inconferibilità degli incarichi, prevede forme di protezione del whistleblower, prefigura le linee e i criteri di rotazione dei dipendenti da sviluppare con apposito strumento programmatorio e il programma delle attività formative, censisce strutture e procedure quantificando l'esposizione al rischio di più di 350 procedimenti amministrativi, detta misure di prevenzione e di controllo.

Sotto il secondo aspetto, occorre segnalare che il PTPC della Regione si propone di tracciare le linee di razionalizzazione dell'attività amministrativa che sono a base di un regolamento sul procedimento amministrativo attualmente in fieri. Ciò in quanto l'attuazione degli adempimenti posti dalle norme anticorruzione costituisce anche una occasione per riconsiderare l'organizzazione dell'Ente, e aggiornare procedure e metodologie. Appare emblematico, al riguardo, l'istituto del monitoraggio dei tempi procedimentali, previsto dal Piano Nazionale Anticorruzione (PNA, approvato dalla Civit – Autorità Nazionale Anticorruzione in data 11.9.2013) a fini di prevenzione della corruzione, che implica una ricognizione dei procedimenti di competenza delle strutture regionali e delle relative discipline ed una razionalizzazione metodologica di significativo impatto in termini organizzativi.

Non solo sotto questo aspetto il PTPC della Regione Puglia si prefigge obiettivi più ampi di quelli indicati dal PNA. Il Piano, infatti, non si limita ad esporre i contenuti indicati come necessari dalla Civit - ANAC, ma opera in una prospettiva di ampliamento delle aree di rischio (includendo due aree "facoltative" che verranno implementate in occasione del primo aggiornamento annuale) e, soprattutto, di costruzione di dinamiche di rete. In particolare, il Piano sviluppa l'idea di creare un raccordo tra le istituzioni locali, nella convinzione che sia la condivisione di prassi, criteri e metodologie, che l'interscambio di informazioni concorrano alla creazione di una strategia di prevenzione più efficace.

Già a monte del Piano è stato creato, a tali fini, un network tra Regione e società ed agenzie della rete regionale, con una condivisione di momenti formativi destinata a trovare conferma e ulteriore impulso in sede di approvazione dei piani della formazione degli enti partecipanti. Inoltre, sincronia di modelli e condivisione di informazioni rendono effettivo il sistema di prevenzione in relazione a quelle procedure a competenza condivisa caratterizzate da funzioni ripartite tra strutture della Regione e organismi intermedi. 

Nel Piano è già prefigurato un orizzonte di ulteriore allargamento della rete istituzionale, al fine di rendere possibili interazioni con altri contesti amministrativi (come quello degli enti ed Aziende del Servizio Sanitario e, in una prospettiva ancora più ampia, quello degli enti locali).

È comunque da sottolineare che tutti gli spunti contenuti nel Piano costituiscono un primo passo nella direzione della prevenzione, che dovrà essere verificato in corso d'opera. La novità delle tematiche in esame e la necessità di verificare gli impatti concreti delle misure poste, rendono prevedibili azioni correttive sui contenuti del PTPC, che dunque deve a tutti gli effetti essere considerato un documento dinamico soggetto ad aggiornamenti reiterati. Per tale ragione, si è prevista la possibilità di un primo intervento correttivo già alla luce delle osservazioni eventualmente formulate da soggetti interessati valle della pubblicazione del Piano.

Si consideri, peraltro, che il PTCP della Puglia non esaurisce l'intera gamma di azioni finalizzate alla prevenzione della corruzione, in quanto restano da adottare fondamentali misure e discipline che necessitano di una gestazione più lunga, come il citato regolamento sulla durata dei procedimenti amministrativi, e, soprattutto, il programma della rotazione dei dipendenti, che è misura di elevatissimo impatto organizzativo.

Tale ultimo strumento, in particolare, implica il chiarimento di alcuni nodi giuridici ed organizzativi tuttora irrisolti e l'esecuzione di una ricognizione complessiva delle figure dirigenziali e della loro fungibilità ai fini del conferimento degli incarichi. Non solo, il programma in esame appare necessario per un ulteriore inquadramento della mappatura dei rischi contenuta nel Piano.

E infatti, come accennato, il Piano regionale individua e classifica i procedimenti caratterizzati da una esposizione al rischio corruzione, assegnando ad ogni procedura un "peso" (cioè un coefficiente di rischio), individuando, ove possibile, gli specifici segmenti di attività ritenuti particolarmente sensibili, e prevedendo le misure di prevenzione specifiche eventualmente configurabili, ferma restando la applicabilità a tutti i procedimenti di tutte le misure di carattere generale individuate dal PTPC e dalle altre normative primarie e secondarie generali e speciali.

In particolare, sul complesso di processi in atto sono stati individuati circa 350 procedimenti a rischio, suddivisi in tre fasce di esposizione (1-5  rischio basso, 5-10 rischio medio, > 10 rischio elevato).

Vi è da dire che solo 10 procedimenti sono collocati in area di rischio elevato, prevalentemente a causa dell'elevato tasso di discrezionalità che li caratterizza; la maggior parte dei processi ricade invece in area a rischio medio-basso. Risultanze che parrebbero confermate dai dati desunti dal volume e dall'esito dei procedimenti penali e disciplinari avviati nell'ultimo quinquennio in relazione a fatti di maladministration.

Tuttavia, la trasposizione del rischio dal versante oggettivo (cioè quello del procedimento, corrispondente alla metodologia del PNA) a quello soggettivo (cioè al profilo del Dipendente assegnato a una o più attività a rischio), che pare necessaria per rendere effettiva la strategia di prevenzione, necessita di un supplemento di verifiche che potranno essere compiutamente svolte in sede programmatoria.